Alessandro il Conte di Cagliostro
segue dalla  prima pagina
litografia Cagliostro ConteInnumerevoli biografie hanno cercato di fare chiarezza sul misterioso avventuriero che caratterizzò il secolo dei Lumi: taumaturgo, amico dell’Umanità, cultore e divulgatore delle scienze esoteriche oppure scaltro imbonitore, comune ciarlatano? Il quesito, finora, non ha avuto risposta certa: il mistero che da sempre avvolge le molteplici attività svolte da Cagliostro contribuisce a tenere vivo l’interesse su di lui.

Questa è la mia versione su Cagliostro e credo anche che sia quella vera.

Ringrazio nel contempo il Comune di San Leo dal cui sito ho ricavato alcuni tratti del testo e prime due immagini che sono in questa pagina:
http://wwwold.comune.san-leo.ps.it/immcagliostro/CAGLIOSTRO.html

Alessandro nacque a Palermo quale discendente della famiglia portoghese dei Cagliostro. Quando raggiunse la notorietà per le opere di bene che compiva in tutta Europa, cominciò a divenire personaggio scomodo per la chiesa; se egli fu scomodo da vivo lo è ancor più oggi da morto.

Grande scalpore suscitò in tutta Europa l’improvvisa notizia, divulgata abilmente da molti giornali e riviste, dell’inatteso arresto del conte di Cagliostro. Il fatto ebbe luogo a Roma, il 27 dicembre 1789, per ordine di papa Pio VI che, preoccupato dai racconti sugli eccezionali poteri e sulle gesta del nostro avventuriero, decise di rimettere nelle mani dell’Inquisizione romana la sorte del più pericoloso interprete dell’inquietudine, dello spirito avventuroso e fantastico che caratterizzò il "Secolo dei Lumi".

Cagliostro, che aveva riattivato il Rito della Massoneria Egiziana ed il suo titolo fu quello di Grande Cofto, di colui che è il discendente dei sacerdoti egiziani, si trovò così a dover fronteggiare i metodi spietati e cruenti del più temuto tribunale dell’epoca, il Sant’Uffizio.

Era stato istituito nel 1542 da papa Paolo III su consiglio del cardinale Gian Pietro Carafa (futuro papa Paolo IV), reduce dalla Spagna dove aveva assistito personalmente alla repressione di ogni tendenza eretica ad opera del feroce organismo inquisitorio perfezionato da Tomas de Torquemada, il primo e più famoso "grande inquisitore", che aveva mandato a morte migliaia di presunti eretici.
foto cella di Conte di Cagliostro
La cella di Cagliostro
Per giungere ad imprigionare Cagliostro, fu montata ad arte l’accusa: venne assoldato un sosia, un certo Giuseppe Balsamo e, in un clima di millantatori e ciarlatani (propri del periodo dell’Illuminismo), Balsamo compì imprese nefande col nome e sotto le sembianze del Conte; questo fu sufficiente a procurarsi decine di testimoni che, inconsapevolmente, avrebbero potuto testimoniare in un futuro processo contro il vero Cagliostro il giorno in cui sarebbe stato arrestato.



E' da notare la straordinaria somiglianza tra il Conte e Giuseppe Balsamo:

litografia Giuseppe Balsamo
litografia di Cagliostro litografia di Balsamo

Il piano prevedeva anche che il Conte rientrasse a Roma. In quel momento era in Francia e si trovò ingiustamente coinvolto nel furto della collana di Maria Antonietta; poteva un Essere che creava cose dal nulla essere interessato ad un gioiello per quanto prezioso potesse essere?

Il Conte partì dalla Francia, ma invece di tornare a Roma andò in Inghilterra; Maria Antonietta fece chiamare a corte a Parigi il giornalista esule Morande, il quale era stato reietto poiché sul suo giornale liberista francese scriveva di “cose non gradite alla corte”, in quanto doveva comunicargli di cose importanti...

In realtà ella promise a Morande che se per mezzo del suo giornale avesse sollevato l’opinione pubblica inglese contro Cagliostro, avrebbe potuto far rientro in Francia. Ma perché Maria Antonietta ce l’aveva tanto con il Conte? La Regina era molto amica di Saint-Germain il cui compito era quello di raddrizzare le sorti disastrose a cui l'Europa stava andando incontro; Cagliostro, insieme a Saint-Germain erano i due personaggi più importanti dell’epoca incaricati dalla Fratellanza Bianca a questo scopo. Eppure Cagliostro entrò in antipatia alla Regina poiché, contrariamente a Saint-Germain, egli le disse troppo bruscamente che in futuro non ci sarebbe stato più un Luigi XVIII sul trono di Francia: in quel momento Maria Antonietta era incinta del futuro re.
Cagliostro, al contrario di Saint-Germain, non usava metodi, potremmo dire, diplomatici.

Comunque così fu che per compimento del piano, Cagliostro rientrò a Roma ove venne arrestato e processato ed alla fine del processo venne murato in una cella del carcere di San Leo nelle Marche. Gli atti del processo non sono mai stati resi noti ed in realtà egli non è mai morto: la tomba venne occultata così bene da essere sfuggita a tre secoli di ricerche ed a qualsiasi morboso tentativo di individuazione. Si dice (vedi Cagliostro il Taumaturgo - Pier Carpi) che quando Napoleone andò a San Leo trovò la prigione murata e Cagliostro non c’era.

L’AMICO ED IL POLITICO Chi o cos’era Cagliostro? È pervenuta fino a noi una tradizione che ci parla di un uomo proveniente da paesi sconosciuti in cui avrebbe vissuto in epoche indefinibili che avrebbe compiuto viaggi favolosi: la Mecca, il Collegio di Salomone fondato dalla regina di Saba, l’antica Tebaide, la torre di Babele, il monte Ararat, dove avrebbe visto i resti dell’arca di Noè. Grazie a questi contatti, Cagliostro avrebbe acquisito profonde cognizioni nelle arti più nobili (alchimia, spagiria, astrologia, interpretazione dei sogni) che, successivamente, esercitò nelle più importanti corti d’Europa, raggiungendo così altissima fama: lo studio della sua casa parigina di Rue Saint-Claude diventerà il luogo in cui verranno ammessi pochi eletti a presenziare le cerimonie rituali; la popolazione potrà solo fantasticare sulle attività misteriche, sbirciando le rare apparizioni pubbliche del celebre occultista.

Considerevole diffusione ebbero l’elixir di lunga vita, il vino egiziano e le cosiddette polveri rinfrescanti con i quali Cagliostro compì alcune portentose guarigioni curando, sempre senza alcun compenso, i numerosi ammalati che nel 1781 gremivano la residenza di Strasburgo. Il comportamento filantropico, la conoscenza di alcuni elementi del magnetismo animale e dei segreti alchemici, la capacità di infondere fiducia e, al tempo stesso, di turbare l’interlocutore, penetrarlo con la profondità di uno sguardo da tutti ritenuto quasi soprannaturale: queste le componenti che contribuirono a rafforzare il fascino personale e l’alone di leggenda e di mistero che accompagnarono Cagliostro fin dalle prime apparizioni. Poliedrico e versatile, conquistò la stima e l’ammirazione del filosofo Lavater e del gran elemosiniere del re di Francia, il cardinale di Rohan, entrambi in quegli anni a Strasburgo. Tuttavia, Cagliostro raggiunse l’apice del successo a Lione, dove giunse dopo una breve sosta a Napoli e dopo aver risieduto più di un anno a Bordeaux con sua moglie.

A Lione, infatti, egli consolidò il rito egiziano, istituendo la "madre loggia", la Sagesse triomphante, per la quale ottenne una fiabesca sede e la partecipazione di importanti personalità. Quasi nello stesso momento giunse l’invito al convegno dei Philalèthes, la prestigiosa società che intendeva appurare le antiche origini della massoneria. A Cagliostro non restava che dedicarsi anima e corpo a questo nuovo incarico, parallelamente alla sua attività taumaturgica ed esoterica, ma il coinvolgimento nell’affaire du collier de la reine lo rese protagonista suo malgrado, insieme a Rohan e alla contessa Jeanne Valois de la Motte, del più celebre ed intricato scandalo dell’epoca, il complotto che diffamò la regina Maria Antonietta e aprì la strada alla rivoluzione francese. Colpevole solo di essere amico di Rohan e di aver consigliato di rivelare la truffa al sovrano, Cagliostro, accusato dalla De La Motte, artefice di ogni inganno, fu arrestato e rinchiuso con sua moglie nella Bastiglia, in attesa del processo.

Durante la detenzione, ebbe modo di constatare quanto grande fosse la popolarità raggiunta: furono organizzate manifestazioni di solidarietà e, il giorno della scarcerazione, fu accompagnato a casa dalla folla acclamante. Nonostante il Parlamento di Parigi avesse appurato l’estraneità di Cagliostro e di sua moglie alla vicenda, i monarchi ne decretarono l’esilio: la notizia giunse a pochi giorni dalla liberazione, costringendo il "Gran Cofto" a riparare frettolosamente a Londra. Da qui scrisse al popolo francese, colpendo il sistema giudiziario e preannunciando profeticamente la caduta del trono capetingio e l’avvento di un regime moderato. Il governo francese si difese opponendo gli scritti di un libellista francese Théveneau de Morande che, stabilita la vera identità di Cagliostro e di Serafina, raccontò sulle gazzette le peripezie e i raggiri dei precedenti soggiorni londinesi, al punto che l’avventuriero decise di chiedere l’ospitalità del banchiere Sarrasin e di Lavater in Svizzera.

Nel 1785 in Francia ebbe inizio uno storico processo che molta parte avrà nella determinazione degli avvenimenti che di lì a poco porteranno alla rivoluzione francese. Protagonisti della vicenda, meglio conosciuta come Affaire du collier, gli imputati Louis Rohan, Jeanne Valois de la Motte ed Alessandro Conte di Cagliostro.

A tal fine scrisse un memoriale diretto all’Assemblea nazionale francese, dando la massima disponibilità al nuovo governo. La relazione venne intercettata dal Sant’Uffizio che redasse un dettagliato rapporto sull’attività politica ed antireligiosa del "Gran Cofto" e papa Pio VI, il 27 dicembre 1789, decretò l’arresto di Cagliostro e della moglie.

Ristretto nelle carceri di Castel Sant’Angelo sotto stretta sorveglianza, Cagliostro attese per alcuni mesi l’inizio del processo. Al consiglio giudicante, presieduto dal Segretario di Stato cardinale Zelada, egli apparve colpevole di eresia, massoneria ed attività sediziose. Il 7 aprile 1790 fu emessa la condanna a morte e fu indetta, nella pubblica piazza, la distruzione dei manoscritti e degli strumenti massonici. In seguito alla pubblica rinuncia ai principi della dottrina professata, Cagliostro ottenne la grazia: la condanna a morte venne commutata dal pontefice nel carcere a vita, da scontare nelle tetre prigioni dell’inaccessibile fortezza di San Leo, allora considerato carcere di massima sicurezza dello Stato Pontificio.

In attesa di segregare adeguatamente il prigioniero, egli fu alloggiato nella cella del Tesoro, la più sicura, ma anche la più tetra ed umida dell’intera fortezza.

In seguito ad alcune voci sull’organizzazione di una fuga da parte di alcuni sostenitori di Cagliostro, nonostante fossero state prese tutte le misure necessarie per scongiurare qualunque tentativo di evasione, il Conte Semproni, responsabile in prima persona del prigioniero, decise il suo trasferimento nella cella del Pozzetto, ritenuta ancor più sicura e forte di quella detta del Tesoro.

Del lungo periodo di reclusione, iniziato il 21 aprile 1791 e durato più di quattro anni, rimane testimonianza nell’Archivio di Stato di Pesaro, ove sono tuttora conservati gli atti riguardanti l’esecuzione penale ed il trattamento, improntato a principi umanitari, riservato al detenuto.

Il 26 agosto 1795 il famoso avventuriero fu redatto il presunto atto di morte di Cagliostro a causa di un colpo apoplettico. La leggenda che aveva accompagnato la sua fascinosa vita si impossessò anche della morte: dai poco attendibili racconti sulla sua presunta scomparsa giunti fino ai giorni nostri, è possibile intravedere il tentativo riuscito di rendere immortale le maliarde gesta di questo attraente personaggio.

Di certo possiamo dire che fu un personaggio scomodo in vita e ancor più scomodo da morto al punto che la tomba venne occultata così bene da essere sfuggita a tre secoli di ricerche ed a qualsiasi morboso tentativo di individuazione.

Arcangelo MIRANDA