L'importanza
di una prospettiva spirituale
Postato il 20
dicembre 2006
Nella
Bibbia è scritto che il Divino
Architetto creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Essendo DIO puro
spirito appare chiaro che l'uomo che dio ha creato NON È certamente
l'uomo che noi vediamo intorno a noi bensì un uomo spirituale, sottile
e invisibile: una particella di coscienza individualizzata in quella
che si può vedere come mente cosmica.
Ma senza una chiara prospettiva
spirituale non si va da nessuna parte.
Ognuno
di noi è perfetto nella mente
di dio
Così,
come ogni
cosa che l'uomo ha creato, prima di essere creata ha dovuto essere
ideata e progettata, così il divino Architetto, nella sua mente, ha
ideato ognuno di noi ed il nostro progetto; un progetto perfetto e
senza alcuna disarmonia.

Provate
a pensare ad una diapositiva con un'immagine perfetta proiettata da un
proiettore con la lente sporca o non messa a fuoco: la perfezione
dell'immagine originale andrà perduta e sullo schermo apparirà una
figura distorta o deformata. I pensieri sbagliati sono come la lente
sporca o non messa a fuoco; sono essi a precludere la manifestazione
terrena della nostra perfetta immagine-pensiero nella mente di dio.
Coprendo parzialmente la luce proveniente dal
proiettore, è possibile far apparire sullo schermo la figura di un uomo
senza una mano e si può far riapparire la mano lasciando che la luce
scorra liberamente. Analogamente, le malattie che appaiono nel corpo
fisico non sono che un'ostruzione all'energia vitale, generata
dall'erroneo comportamento e pensiero dell'uomo.
Purtroppo l'umanità è erede di errori
accumulati nel corso di innumerevoli vite, ha vissuto con pensieri
imperfetti ed ora si è abituata all'imperfezione. L'amputazione di una
mano in un incidente d'auto, non è più reale di quella della mano
dell'uomo sullo schermo, visto nell'esempio precedente. Attualmente
l'uomo, a meno che non sia un Essere altamente evoluto (per esempio
Gesù di Nazareth), non è ancora in grado di correggere la distorsione
che si è verificata nella proiezione della diapositiva o progetto
divino.
La vita,
mediante le diapositive perfette di
ogni creatura ideata prima dell’inizio del tempo, cerca di proiettare
immagini perfette dell'uomo (fatto "a Sua immagine") e di tutte le
creature in tutto l'Universo, ma per ignoranza l'uomo si è posto in
disaccordo con la volontà divina e così impedisce che sulla Terra
vengano proiettate in modo perfette le creazioni di Dio.
Un blocco di
ghiaccio è solido, pesante, freddo
e visibile. Se lo si lascia sciogliere, diventa liquido ed è ancora
visibile, benché in forma differente. Se lo si fa attraversare da una
corrente elettrica, diventa invisibile trasformandosi in idrogeno e
ossigeno. Come un blocco di ghiaccio può essere trasformato in gas
invisibili, così i gas possono essere ricondensati in forma liquida e
quindi congelati in un blocco di ghiaccio eguale all'originale.
Similmente,
il nostro corpo fisico può essere
ridotto in liquidi e fatto evaporare in gas invisibili; però non
saremmo più in grado di ricreare dai gas il corpo nella sua forma
originale. Noi non conosciamo ancora l'anello di congiunzione fra mente
e corpo, spirito e materia. Quando, usando la volontà, l'uomo
raggiungerà il supremo controllo dell'energia nel proprio corpo, sarà
in grado di sciogliere i blocchi energetici che costituiscono le sue
malattie e godere di una perfetta salute.
Noi
non
siamo il nostro corpo
Gli
scienziati ci insegnano che il nostro Universo si regge su leggi
matematiche e pertanto assai precise. È perciò impensabile che nel
progetto di Dio, visto come Creatore, esista la sofferenza o qualcosa
che non abbia uno scopo ben preciso. Paramansa Yogananda propone
un'idea per cui l'uomo appare come un progetto perfetto nella mente
cosmica, progetto che appare però deformato sulla scena del
mondo. Pertanto è un grande errore quello di
considerarci non come esseri spirituali, sani e perfetti nella mente di
Dio, ma come un insieme di organi che, ad essere ottimisti, dura
qualche decennio e non di più.
Il
dramma dell'Anima in esilio
Possiamo
considerare le ripetute incarnazioni
dell'anima divina nei mondi della manifestazione esteriore come
un'attività particolare dello spirito umano per lo scopo specifico di
acquistare quella conoscenza, che in tal modo soltanto può essere
ottenuta. Con questa immissione della coscienza divina nei tre corpi,
il corpo fisico, astrale e mentale, avviene la tragedia, la vera caduta
nella materia, che è la causa di ogni susseguente sofferenza nel
pellegrinaggio dell'anima.
Infatti,
nel processo di rinchiudere una parte
della sua coscienza nei tre corpi, questa parte si identifica con i
corpi stessi ed in questa identificazione si illude di essere quei
corpi che invece dovrebbero essere i suoi servitori. Con questa
sensazione la coscienza incarnata non condivide più la coscienza
universale e divina, ma condivide la separatezza dei corpi e si crede
un'entità separata dagli altri esseri: la personalità.
È l'antica
storia di Narciso, il quale
vedendosi il volto rispecchiato dalla superficie dell'acqua della
fonte, vuole abbracciare l'immagine e così facendo annega. Così la
coscienza incarnata annega nell'oceano della materia e, nella sua
identificazione con il corpo fisico, rimane segregata dalla coscienza
universale, non riconoscendosi più per ciò che è veramente: un figlio
di Dio.
Allora
incomincia l'infinita tragedia
dell'anima in esilio; essa dimentica il proprio retaggio divino e si
degrada per la sua incosciente sottomissione a quei corpi che
dovrebbero essere i suoi fedeli strumenti. È questo il vecchio mito
gnostico di Sofia, l'anima divina, che vive in esilio fra ladroni e
malfattori i quali, abusando di lei, la umiliano sin quando viene
redenta da Cristo e può far ritorno alla sua divina dimora.
Può esservi
una tragedia più grande e una
peggior degradazione di quella per cui l'anima divina, membro della più
alta Nobiltà - la Nobiltà della Divinità medesima - si assoggetta
all'umiliazione e indegnità di un'esistenza in cui, dimenticato il suo
alto rango, si permette di essere asservita alla materia?
Allorché ci
capita di vedere degli individui
nei loro momenti peggiori, repellenti nei loro odi, rozzi e brutali,
disarmonici in quanto estraniati dalla natura, oppure sciocchi e
superficiali, noi assistiamo a questo dramma dell'esilio dell'anima e
siamo acutamente consci della degradazione sofferta dalla scintilla
divina in ciascuno di loro.
La
necessità di mutare atteggiamento
Così,
dunque, la nostra coscienza di essere due
parti separate: una spirituale ed una materiale, è basata solo
sull'ignoranza del nostro vero essere.
Noi non siamo due, ma uno: siamo la parte
spirituale e null'altro. Il suo mondo è il nostro mondo, la sua vita è
la nostra vita. La sorgente dell'inganno nasce dal fatto che, quando
noi caliamo la nostra coscienza divina nel corpo fisico, astrale e
mentale (attraverso cui dobbiamo acquistare una determinata
esperienza), ci identifichiamo con questi corpi e dimentichiamo quello
che siamo veramente. Allora la coscienza imprigionata, fatta schiava
dei tre corpi, segue i loro desideri; ed ecco quello che noi chiamiamo
"personalità". Quindi, fra la parte divina e la personalità, inizia una
lotta dolorosa: la nostra vera crocifissione.
Eppure, gran
parte di questa sofferenza è
dovuta alla nostra ignoranza e cessa quando noi ci rendiamo conto della
nostra Vera Natura, il che però significa un cambiamento completo di
atteggiamento. Per cominciare, dovremmo comprendere quanto sia falso il
nostro concetto della dualità della nostra natura.
Noi parliamo
sempre dell'anima, dello spirito,
dell'Io superiore, dell'Ego (o qualunque altro nome diamo alla nostra
natura superiore) come di qualche cosa o di qualcuno che sta sopra di
noi, mentre noi, la natura inferiore, abitiamo più in basso. Allora
facciamo sforzi incredibili per raggiungere quello che sta "in alto"
nel tentativo di conquistare qualche cosa di essenzialmente estraneo a
noi stessi e perciò arduo ad ottenersi.
Così parliamo
spesso del "tremendo sforzo"
richiesto per raggiungere la parte divina in noi; altre volte parliamo
dell'ispirazione o della conoscenza, della forza spirituale o
dell'amore, come se fossero "doni" che scendano a noi da questa "parte
divina".
In tutti questi casi commettiamo l'errore
fondamentale di identificarci con ciò che non siamo e affrontiamo il
problema con un atteggiamento sbagliato in partenza.
La
prima condizione di successo spirituale è
l'assoluta certezza che noi siamo uno spirito che vive in un corpo; la
seconda condizione, non meno importante ed essenziale della prima, è la
fiducia nei nostri poteri come Esseri Spirituali ed il coraggio di
usarne liberamente. Invece di considerare naturale e normale il nostro
stato abituale di coscienza e guardare l'Ego dal basso come un essere
eccelso che si debba raggiungere con uno sforzo continuo e tremendo,
dobbiamo cominciare dal considerare il nostro abituale stato di
coscienza come anormale e innaturale, e la vita dello spirito come la
nostra vera vita, dalla quale solo noi, con uno sforzo continuo, ci
teniamo divisi e lontani.
Tutti
i nostri problemi nascono dal fatto che...
Tutti i
nostri problemi nascono proprio dal
fatto che abbiamo dimenticato la nostra divina eredità e siamo convinti
di essere un corpo più o meno bello secondo i canoni attualmente
vigenti.
Pensate ad un burattinaio che sta muovendo un
burattino restando sul suo balconcino; di certo non si vergogna se il
suo burattino è nudo o prova paura se la sua esistenza viene messa in
pericolo. Ricordate Adamo ed Eva nel giardino terrestre? Erano nudi,
non avevano vergogna e tantomeno paura.
Cosa
accadrebbe se il burattinaio entrasse nel burattino per muoverlo più
facilmente? Si vergognerebbe immediatamente della nudità ed inizierebbe
a provare paura per tutti i pericoli che l'ambiente esterno gli
potrebbe presentare. Questo è quanto è accaduto ad Adamo ed Eva, ovvero
l'umanità di tante migliaia di anni fa. Anziché continuare ad usare il
loro corpo fisico come uno strumento di lavoro, ci sono entrati dentro
ed hanno cominciato a dire "Io sono Mario", "io sono Luigi" e così via.
Non vi ho convinto? Bene provate a pensare al
modo in cui usate i termini “essere” ed “avere”. Vi rendete conto che
per ogni parte del vostro corpo usate il verbo avere (io ho un braccio,
io ho una testa, ecc.) e poi mettete insieme le parti che avete e per
le parti tutte unite usate forse il verbo essere (io sono Mario, ecc.)?
Dire "Io sono Mario, Luigi, ecc.", è un grande
errore, sia grammaticale che esistenziale. Se volete veramente
risolvere i vostri problemi incominciate a considerare il vostro corpo
come un meraviglioso strumento da utilizzare giusto per l'arco di una
vita. Quando non sarà più efficiente (perché vecchio o malato) lo
lascerete e sarete più vivi di prima. I defunti, infatti, vivono in un
corpo sottile che i viventi non possono "agevolmente" usare.
Sapete
perché le macchine parcheggiate non si
muovono? Perché coloro che le facevano muovere ne sono usciti e sono
andati a fare i loro affari. Sapete perché i corpi in un cimitero non
si muovono più? Perché le anime (dal verbo animare = dar vita) di
coloro che vi erano dentro ne sono uscite e stanno facendo altre cose.
Lo
spirito ha bisogno di un buon strumento
Non
sono solo la nostra anima ed il
nostro
spirito ad aver bisogno di evolvere, ma anche gli strumenti fisici
attraverso i quali si manifestano e uno di questi strumenti
privilegiati è evidentemente il cervello. Quando si incontra un
minorato mentale, bisogna
sapere che non è il suo spirito ad essere debole - il suo spirito è
forse quello di un grande saggio - bensì il punto di vista della sua
condizione materiale e quindi, nel suo corpo, è il suo cervello che è
in cattive condizioni. Date un violino con le corde allentate a un
violinista: anche se fosse il più grande violinista del mondo, non
potrebbe suonare. Anche lo spirito è un grande virtuoso, ma per suonare
ha bisogno di un buon strumento.
Considera
il tuo corpo come un grande amico
Se
vuoi cominciare a vivere veramente,
senza
paure od angosce dovute ai condizionamenti che ti hanno imposto gli
educatori, i giornali, la radio e la televisione, comincia a guardare
nello specchio e considerare colui che ci vedi riflesso non come te
stesso ma come un tuo prezioso alleato, uno strumento che ti permette
di fare molteplici esperienze altrimenti impossibili. È solo per mezzo
del tuo corpo che il tuo vero Sé, quello spirituale, può sviluppare le
qualità potenziali che la vita-dio gli ha donato al momento della sua
progettazione.
Parla a colui
che vedi riflesso, salutalo al
mattino e chiedigli di aiutarti a combinare qualcosa di buono durante
la giornata. Alla sera, prima di coricarti, salutalo di nuovo, sgridalo
se ha sbagliato qualcosa ma fagli i complimenti se ha fatto qualcosa di
buono.
Ricorda che
il corpo che abiti in questa vita è
quanto di meglio tu possa avere per fare le esperienze che ti servono.
Anche se ha delle imperfezioni, per te rimane il migliore perché le
stesse imperfezioni ti permettono di saldare i debiti del passato
(annullare i condizionamenti) e sviluppare nella vita attuale la
pazienza ed altre virtù. Tutto ciò che avrai imparato andrà ad
arricchire il tuo patrimonio spirituale e ti servirà per partire in
modo migliore nella vita futura, o magari, di non tornare mai più nel
ciclo umano delle rinascite.
Noi
tutti siamo preziosi per la Vita
Quando
ci guardiamo allo specchio dobbiamo
evitare di chiederci se siamo grassi, magri, belli, brutti, piacevoli o
sgradevoli. Chiediamoci invece che cosa ci stiamo facendo con quel
corpo. È un corpo unico al mondo; unico perché
la-vita-dio, attraverso di noi, ha deciso di fare cose uniche. Dio
attraverso di noi può parlare come può farlo solo con la nostra voce,
può accarezzare come può farlo solo con le nostre mani. Noi tutti siamo
preziosissimi; siamo unici su miliardi di esseri umani!
L'importanza
del discernimento
La
scelta
tra il bene ed il male non dovrebbe
essere difficile, perché quelli che vogliono seguire il Maestro hanno
deciso di fare il bene ad ogni costo. Ma il corpo e l'uomo sono due
cose differenti e ciò che l'uomo vuole non è sempre quello che il corpo
desidera. Quando il tuo corpo desidera qualche cosa, sosta e rifletti
se tu veramente desideri quella cosa. Perché tu sei parte di dio e vuoi
soltanto quello che Iddio vuole; ma fa d'uopo che tu ricerchi nelle
profondità del tuo essere per trovare la coscienza di dio in te stesso
e per udirne la Voce che è la tua voce.
Non
confondere i tuoi corpi con te stesso, né il corpo fisico, né
l'astrale, né il mentale. Ciascuno di questi pretenderà di essere il
Sé, allo scopo di ottenere quanto desidera. Ma tu devi conoscerli tutti
e conoscere te stesso quale loro padrone.
Quando
vi è un lavoro da
compiere il corpo fisico vuol riposare, andare a passeggio, mangiare o
bere; l'uomo che non sa dice tra sé: "lo voglio fare queste cose e
debbo farle". Ma il savio dice: "Questo che desidera non sono io e
bisogna che aspetti un poco". Sovente, quando si presenta l'occasione
di aiutare qualcuno, il corpo suggerisce subito: "Quanta fatica sarà
per me, lasciamo che altri lo facciano". Ma l'uomo risponde al suo
corpo: "Tu non mi ostacolerai nel compiere un'opera buona".
Il
corpo è un animale al tuo servizio: il
destriero sul quale cavalchi. Perciò trattalo bene e abbine cura; non
strapazzarlo e nutrilo convenientemente, soltanto con cibi e bevande
pure e mantienilo sempre scrupolosamente pulito, libero dalla più
piccola macchia di sudiciume...
Il
corpo astrale ha i suoi desideri, desideri a
profusione: vuole che tu vada in collera, che tu dica parole aspre, che
tu sia geloso, avido di denaro, invidioso della roba altrui, che tu ti
lasci sopraffare dallo sconforto. Esso desidera tutte queste cose e
molte altre ancora, non perché vuol farti del male, ma perché ama le
vibrazioni violente e gli piace cambiarle continuamente. Ma tu non vuoi
nulla di tutto questo e perciò devi discernere tra i tuoi bisogni e
quelli del tuo corpo astrale.
Il tuo corpo mentale desidera considerarsi
orgogliosamente separato dagli altri, pensare molto a se stesso e poco
al prossimo. Anche quando tu l'abbia distolto dagli interessi mondani,
cercherà ancora di essere egoisticamente calcolatore e di farti pensare
al tuo progresso anziché al lavoro del Maestro ed all'aiuto da dare
agli altri.
Quando
mediti, cercherà di farti pensare alle molteplici cose che esso brama,
anziché all'unica cosa che tu vuoi. Tu non sei questa mente, ma essa è
tua perché tu te ne serva; onde anche in questo è necessario il
discernimento. Vigila senza posa, altrimenti fallirai.
Il cammino spirituale non conosce
compromessi
tra il bene ed il male. Fa ciò che è retto, a qualunque costo ed
astieniti dal fare il male, checché ne dicano o ne pensino gli
ignoranti.
Studia profondamente le leggi nascoste della
Natura
e, quando le hai conosciute, conforma ad esse la tua vita, esercitando
sempre la ragione ed il buon senso.
Distingui
l'importante dal non
importante.
Saldo come una roccia quando si tratta di princìpi, cedi sempre nelle
cose che non hanno importanza, perciò cerca sempre di essere sempre
affabile e dolce, ragionevole ed accondiscendente, lasciando agli altri
la stessa piena libertà che desideri per te stesso.
Cerca di
scorgere ciò che merita di esser fatto
e ricordati che non devi giudicare dalla grandezza della cosa. Merita
di più fare una minuzia direttamente utile al lavoro del Maestro, che
non una cosa più grande che il mondo forse giudicherebbe buona. Devi
distinguere non solo l'utile dall'inutile ma altresì ciò che è più
utile da ciò che è meno utile. Cibare i poveri e opera buona, nobile ed
utile; tuttavia cibare le anime è più nobile e più utile che dar da
mangiare ai corpi, ma solo quelli che hanno la conoscenza possono
cibare le anime. Se possiedi la conoscenza è tuo dovere aiutare altri a
conseguire questo sapere.
Per
quanto saggio tu possa essere, molto ti resta da imparare su questo
Sentiero, tanto infatti che anche in ciò occorre discernimento e
bisogna che tu rifletta attentamente per vedere che cosa vale la pena
d'imparare. Ogni cognizione è utile ed un giorno avrai tutto il sapere,
ma fino a che ne possiedi solo parte, guarda che questa parte sia la
più utile.
Dio
è Saggezza al pari di Amore e quanto più sai tanta più parte di IO SONO
puoi
manifestare. Studia dunque, ma studia anzitutto ciò che ti può rendere
meglio capace di aiutare gli altri e metti in pratica: la saggezza
viene dopo l'applicazione della conoscenza.
Persevera
pazientemente nei tuoi studi, non allo scopo che gli uomini ti
considerino erudito e nemmeno per la felicità di essere savio, ma
perché l'uomo savio soltanto può saviamente aiutare. Per grande che sia
il tuo desiderio di recare aiuto, se sei ignorante l'opera tua potrà
fare più male che bene.
Dott. Mario Rizzi
Link
e riferimenti:
http://www.procaduceo.org/it_mente_serena/percorso/mente22.htm